La prima volta che mi hai dedicato una canzone, il testo parlava di un amore sbocciato perché il poveretto non aveva null’altro da fare se non innamorarsi. Eri tutto fiero che ti fosse venuta in mente e ti brillavano gli occhi in quel modo che io, davvero, mi farei passare sopra, e me la presi, te la strappai dalle mani, quella dedica, me la succhiai come si leccano le dita dopo aver pasticciato con la Nutella e ne riparlai solo mesi dopo.
Ti chiesi: “scusa, amore, ma le hai mai sentite le parole di quella canzone?” e tu, serafico come sempre: “No, perché? Mi piaceva il titolo.”
Fu il giorno in cui compresi che tu e le dediche non avete nulla da spartire.
La seconda volta che mi hai dedicato una canzone, il testo parlava di un amore tra un uomo maturo e una ragazzina sbarbina con lui che poi la manda affanculo. Anche in quel caso, io ero rimasta a fissare il vuoto per qualche minuto cercando una connessione un po’ più positiva con gli eventi, ma niente, la canzone era proprio quella. Ho preso in mano il coraggio, però, e te l’ho chiesto subito: “scusa, amore, ma le hai mai sentite le parole di quella canzone? e tu, serafico come sempre: “No. Però tu apprezza il gesto.”
Sai, amore. Le tue dediche mi fanno impazzire.