Non serve ragionare, il corpo mi dice tutto.
La certezza d’aver perso la sento tra lo sterno e le scapole. È un male fisso, costante, che deride, non ci puoi parlare, non lo puoi afferrare e spostare, non lo puoi moderare, non gli puoi chiedere la cortesia di togliersi di mezzo, che avresti da fare.
Sei un pollo. Sì, un pollo. Un grasso pollo pallido che viene infilzato da una mano invisibile con l’apposito spiedo e sballonzolato un po’ per essere messo in cottura, col preciso intento di ridurti ad una carcassa fragile e dorata, priva dei fluidi, del sale e della coscienza.
La perdita è una questione gastronomica.
Ma, allo spiedo, il pollo non ha testa