Passeggio con te sul lungotevere, in quel tratto dove, se giri su te stesso, vedi il Cupolone, da un lato, e la luna, dall’altro. Un po’ densa.
Non ci diciamo molto. Stiamo stretti e procediamo lenti, come non faremmo mai. Con la mano destra mi accarezzi il collo, ti entra nel palmo, se la allarghi. Incontri ciocche di capelli e le metti a posto, perché esiste senza dubbio una posizione che ti piace di più delle altre.
Abbiamo un’aria graziosa insieme, il mondo potrebbe anche essere pronto a prenderci in considerazione. Ci ridiamo su.
È la nostra forza non pensare al mondo.
E quando, camminando, le braccia scivolano giù per un attimo, rapidi riportiamo sui muscoli la tensione che serve a non concedere spazio tra i corpi, preserviamo una perfetta aderenza.
È il nostro modo per dirci cosa significhiamo uno per l’altra, in questo momento.
Ogni tanto ci viene voglia di chiedere qualcosa, ma non riusciamo a ricordare perché, proprio qui, proprio ora. Stiamo così per un po’. I vestiti impregnati dell’odore del fiume, immersi nel color seppia della notte romana.
Poi saliamo su un taxi e ce ne andiamo via.
C’è una nomination per te.
🙂
Oddio, grazie….sono in imbarazzo, come ricambio? (sì, totalmente imbranata sulle questioni di blog)
All’occorrenza ti tengo buona per cantarmi “soffice Kitty” e siamo a posto così 😉