L’antipatia

Quando nacque, la nostra antipatia pesava quattro chili.

Appena la prendemmo in braccio, ci accorgemmo che qualcosa non andava in lei: era paffuta, ma arcigna, viva, ma spenta, impertinente, ma vile.

Quella sua dualità era allarmante e fastidiosa. Ci fece sentire subito impreparati ad accoglierla e a farla crescere sana e robusta, fino a trasformarla in vero e proprio odio o, se le cose fossero andate male, in una semplice indifferenza, ma di quelle toste, consolidate, senza ripensamenti.

Avevamo grandi progetti per la nostra antipatia, ma non sapevamo bene da dove cominciare, per cui, non appena venne al mondo, pensammo che fosse il caso di nutrirla con qualche scambio infelice, qualche battuta sferzante di troppo, qualche reciproca disattenzione o derisione.

Capimmo presto che le piaceva tantissimo quando ci punzecchiavamo o ci ignoravamo deliberatamente, ma ciò che proprio la faceva impazzire e le dava la forza di maturare e farsi i muscoli, erano le mezze verità.

Quelle che, all’inizio, avevamo sperato segretamente di non doverle mai dare, perché sai, poi, se le abitui così bene, le antipatie, vengono su viziate, si montano la testa, ti chiedono subito il telefonino, iniziano a drogarsi e contagiano rapidamente l’universo-mondo.

Credo che facemmo un buon lavoro perché non ci risparmiammo su nulla: le offrimmo il nostro peggio, senza star lì a tirarla per le lunghe con le attenuanti, i bei momenti, il desiderio di piacerci e di tenerci dentro le rispettive vite, al caldo, appagati, in qualche modo.

Oggi vive da sola, la nostra antipatia. Ogni tanto andiamo a trovarla e le facciamo qualche regalo inaspettato: una mancata risposta, una cattiveria gratuita, un “pensa quello che vuoi” o un “fai come cazzo ti pare, io ho altro per la testa”.

Te la vedi che sorride, si gonfia e sbuffa come una mongolfiera colorata. Ha una sua bellezza cattiva, lei.

Raramente, molto raramente, ci troviamo a ripercorrere la sua genesi, ma smettiamo subito perché è un’operazione troppo dolorosa per chi, in realtà, si è sempre voluto un sacco bene.

13 risposte a "L’antipatia"

  1. Fuggito dal delirio di Twitter, sono felice di averti ritrovata qui e di poter continuare a leggerti (anche se mi mancheranno i tweet delle 17.17 🙂 ). Lo so, non dico nulla di nuovo e sarò pure banale… ma hai un talento strepitoso e ti ammiro davvero tanto, e in versione “lunga” ancora di più. E mi auguro che lo splendido libro con Renga sia solo l’inizio di una bella carriera!

    • Intanto: peccato. Per la tua fuga da twitter, intendo. Mi ero rallegrata del ritrovare qualcuno votato allo scrivere, non solo al cazzeggiare. Poi: grazie. Per la tua attenzione, per le parole di stima, per gli auguri. Ne ho davvero bisogno.
      Ti abbraccio

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