Uno: “Lei non vuole tornare a casa con me, vuole fare la stradina stretta che taglia il quartiere a metà, a piedi, con la cazzo di amica sua”.
L’altro: “E tu perché non torni a piedi con loro, qualche volta?”
Uno: “Sei scemo? Hai idea di quanto è lontana casa mia?”
L’altro: “Ma l’amore è così! E’ fatto di sacrifici! Magari lei ti mette alla prova”.
Silenzio.
Uno: “Quanto mi sta sul culo sto fatto che non torna con me…”
L’altro: “E tu glielo hai mai detto?”
Uno: “Certo che no!”
L’altro: “Dovresti farle capire che ti manca, fidati”.
Uno: “Non è che così la privo dei suoi spazi?”
L’altro: “Ma se ne parla! Certe cose si chiariscono insieme. Devi parlarle. Guarda, questa cosa del parlare mi ha cambiato la vita, credimi. Prendi me e Sara, per esempio, ora sono 11 mesi, sai? E io ho capito che lei si scorda di rispondere ai miei messaggi, ma perché è fatta così, cioè: non è che non li legge, capito? E’ fatta così, se ne parla e lo scopri”.
Silenzio.
Uno: “A me non mi vengono ste cose…”
L’altro: “Ma è normale: magari nessuno te l’ha mai detto come si fa. Però è così che si fa, fidati. Sai cosa succederà se non prenderai l’iniziativa? Che comincerete a vedervi solo in classe e poi, piano piano, vi lascerete. E’ questo che vuoi?”
Sulla parola “classe” ho aperto gli occhi e ho guardato i due che stavano parlando a dieci centimetri da me, sulla metro in corsa.
Due ventenni.
Uno biondino, acne, camicia a quadri, l’altro magro, maglione largo, primi peli di barba sul mento.
Io non so se la nuova generazione riuscirà a cambiare il mondo, ma mi sembra spesso più avanti di quanto non fossimo noi quarantenni, alla loro età